Le emissioni di metano (CH4) provenienti dalle vacche da latte hanno sempre rappresentato un notevole contributo all'inquinamento atmosferico, ma uno studio recente ha rivelato una riduzione drastica di queste emissioni grazie a nuovi metodi di calcolo.
Il lavoro condotto da Fabio Correddu e collaboratori presso il Dipartimento di Agraria dell'Università degli studi di Sassari, pubblicato nel 2023 sull'Italian Journal of Animal Science ha utilizzato nuove metriche per misurare l'impatto del metano sul riscaldamento globale, portando a risultati sorprendenti.
Fino ad oggi, l'approccio standard per misurare l'impatto del metano utilizzava la metrica proposta dal Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC), nota come Potenziale di Riscaldamento Globale in 100 anni (GWP100), espressa in equivalenti di anidride carbonica (CO2e). Questa metrica aveva un impatto significativo nelle catene di produzione animale. Tuttavia, il nuovo studio ha introdotto una metrica innovativa, chiamata Potenziale di Riscaldamento Globale in un dato periodo di tempo (GWP), espressa come CO2 equivalente (CO2we), che tiene conto della differenza tra inquinanti climatici a vita breve (SLCP), come il Metano (CH4), e inquinanti climatici a vita lunga (LLCP), come il biossido di carbonio meglio conosciuto come Anidride Carbonica (CO2).
L'applicazione di questa nuova metrica alle emissioni di metano provenienti da tutte le catene di approvvigionamento del bestiame italiano ha rivelato risultati sorprendenti. Utilizzando i dati ufficiali pubblicati dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) dal 1990 al 2020, si è scoperto che quasi tutte le specie, ad eccezione dei bufali, hanno mostrato una significativa riduzione delle emissioni di Metano. In particolare, il settore del bestiame non lattiero-caseario ha registrato la riduzione più consistente, con una diminuzione di -53786 kt di CO2we rispetto ai +66437 kt di CO2e calcolati con il metodo GWP100.
La contribuzione cumulativa totale della produzione di bestiame italiano al riscaldamento globale negli ultimi 10 anni, includendo le emissioni di ossido nitroso (N2O), è stata nettamente negativa (-48759 kt di CO2we), rispetto ai dati calcolati utilizzando il metodo GWP100 (+206091 kt di CO2e).
In conclusione, l'applicazione della metrica GWP alle emissioni di metano di tutte le catene di approvvigionamento del bestiame italiano ha permesso di identificare meglio il ruolo del bestiame italiano nel cambiamento climatico. Nel periodo 2010-2020, le catene di approvvigionamento animali italiane hanno ridotto l'impatto sul riscaldamento globale legato alle emissioni di metano, con i ruminanti (ad eccezione dei bufali) che hanno contribuito maggiormente a questo effetto positivo.
Questa ricerca rivoluzionaria dimostra che, grazie a nuove metriche di calcolo, è possibile ottenere una visione più precisa e incoraggiante dell'impatto delle emissioni di metano da parte delle vacche da latte italiane sulla lotta al cambiamento climatico.
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